Regime Impatriati: chiarimenti sul periodo minimo di residenza all’estero

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 41/2025, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti temporali per accedere al nuovo regime agevolativo destinato ai lavoratori che rientrano in Italia. Per chi torna a lavorare per lo stesso datore di lavoro o gruppo societario, i periodi minimi di residenza all’estero sono stati ridefiniti con criteri specifici.

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Requisiti della nuova normativa per i lavoratori impatriati

Il decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023 ha stabilito che i redditi prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la propria residenza fiscale nel territorio dello Stato concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare, entro il limite annuo di 600.000 euro. Per accedere al beneficio è necessario rispettare le seguenti condizioni:

  • Impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per il periodo previsto dalla normativa
  • Non essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti (con eccezioni)
  • Svolgere l’attività lavorativa per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio italiano
  • Possedere requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dai decreti legislativi n. 108/2012 e n. 206/2007

Periodo minimo di residenza all’estero: le nuove regole

La normativa stabilisce periodi minimi diversificati di residenza all’estero in base al rapporto con il datore di lavoro:

  • 3 anni: regola base applicabile quando non ci sono rapporti con lo stesso datore di lavoro
  • 6 anni: se al rientro in Italia si lavora per lo stesso soggetto presso cui si è lavorato all’estero o per una società dello stesso gruppo
  • 7 anni: se prima del trasferimento all’estero si è già lavorato in Italia per lo stesso soggetto o gruppo presso cui si lavorerà al rientro

Il caso specifico analizzato dall’Agenzia

L’interpello riguardava un cittadino italiano residente in Francia che intende rientrare in Italia nel 2025 per lavorare presso la stessa società per cui aveva lavorato in Italia nel 2015-2016, trasferendosi poi in Francia nel 2018 per lavorare presso una società dello stesso gruppo. Il dubbio riguardava la corretta individuazione del periodo minimo di permanenza all’estero, considerando che il soggetto non torna a lavorare per l’ultimo datore di lavoro italiano prima del trasferimento.

Criteri determinanti per il periodo minimo di permanenza all’estero

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per accedere al rientro dei cervelli 2025 occorre valutare due aspetti fondamentali:

  1. Se al rientro in Italia il contribuente continuerà a lavorare per lo stesso datore di lavoro (o gruppo) per il quale ha lavorato all’estero durante il periodo d’imposta precedente il trasferimento o fino alla data del rientro
  2. Se tale datore coincide con quello presso cui ha lavorato in Italia prima dell’espatrio

Nel caso specifico, l’Agenzia ha concluso che il periodo minimo di residenza all’estero è di sei periodi d’imposta. Questo perché non c’è coincidenza tra il datore di lavoro per il quale il lavoratore è stato impiegato in Italia nel periodo immediatamente precedente il trasferimento all’estero e quello presso il quale inizierà a lavorare dopo il rientro.

Tabella riepilogativa dei periodi minimi di residenza all’estero

Situazione Periodo minimo
Regola generale 3 anni
Rientro presso lo stesso datore di lavoro per cui si è lavorato all’estero 6 anni
Rientro presso lo stesso datore di lavoro per cui si è lavorato in Italia prima dell’espatrio 7 anni

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